18/09/14

Allarme cannabis: aumento esponenziale del consumo fra i giovani

Nella  “Relazione sulle tossicodipendenze 2014” del Dipartimento per le politiche antidroga (Dpa) emerge un dato allarmante relativo al consumo di cannabis fra i giovani: un ragazzo su quattro fuma marijuana. Il campione preso in esame è molto ampio (31.661 giovani tra i 15 e i 19 anni) e indica chiaramente la progressione dei consumi: nell’ultimo anno, infatti, siamo arrivati al 23,46 per cento, due punti in più rispetto al 2013 e cinque punti in più rispetto a qualche anno fa.

Tra l’altro, il consumo di cannabis è in controtendenza nei confronti di quelli di cocaina, eroina, amfetamine ed ecstasy, tutti stabili o perfino in diminuzione. Così come continua a diminuire in Italia il numero di morti per droga: 344 nel 2013, contro i mille del 1999. «L’analisi corretta dei numeri ci dice che la battaglia contro la droga si può vincere. Purtroppo il terribile errore di oggi, di considerare la cannabis innocua, lo pagheremo domani, quando rivedremo in aumento i consumi di cocaina ed eroina e, temo, anche i morti per droga» commenta sconsolato il professore Giovanni Serpelloni, fino a qualche mese fa responsabile del Dipartimento antidroga e poi licenziato in tronco dal governo Renzi.

Fumatore di cannabis
immagine presa dal web

Dai dati del Dpa è chiaro che in Italia si sta ormai diffondendo un’idea sbagliata e controproducente della cannabis, in base alla quale questo tipo di droga non fa male, non produce dipendenza, e non apre la strada a sostanze ancora più pericolose. Un vero e proprio sdoganamento. Smentito a livello internazionale dalle ultime indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha sottolineato come i consumatori di cannabis diventano apatici, perdono motivazioni di vita e trascurano la scuola. Al contrario, il governo sempre più orientato a condividere, con i suoi provvedimenti, lo sdoganamento diffuso della cannabis: da qui le norme per il ritorno alla fittizia e scivolosa distinzione tra doghe pesanti e leggere e l’autorizzazione della coltivazione e dell’uso della marijuana di Stato per fini terapeutici.

Ricapitolando, i numeri vanno in una direzione, gli avvertimenti delle organizzazioni internazionali sono molto chiari, e il governo, con il consenso del Parlamento, invece marcia in senso opposto in una sorta di autismo politico. Anche l’uso terapeutico della cannabis rischia di trasformarsi in una clamoroso autogol e in ogni caso non ha alcuna giustificazione scientifica. Il professore Silvio Garattini, un’autorità in materia di farmaci e tra l’altro un componente del comitato scientifico del Dpa, ha recentemente documentato il bluff che circonda la liberalizzazione terapeutica di farmaci a base di cannabis. Non esistono ricerche e studi comparati, con dati attendibili, che siano in grado di dimostrarne l’effettiva utilità e innanzitutto la mancanza di controindicazioni.

Al contrario, sul mercato sono già in commercio almeno tre medicinali che possono sostituire la cannabis con ottimi risultati nella terapia contro il dolore. E tra i possibili effetti collaterali di farmaci a base di cannabis non vanno trascurati fenomeni come la perdita di memoria e la psicosi. Con questo scenario, purtroppo, l’Italia rischia di essere uno dei paesi del mondo più all’avanguardia nella tolleranza all’uso della cannabis e nella utilizzazione di farmaci ricavati proprio da quella che viene classificata, per legge, come una “droga leggera”.

 A chi giova questa linea politica così permissiva e tollerante? Certamente non alle famiglie di quei ragazzi diventati fumatori abituali di spinelli, dove il dramma della dipendenza si traduce in una battaglia impari, solitaria e senza sponde. Piuttosto saranno soddisfatte le grandi multinazionali del tabacco, affamate di potenziali alternative alla domanda di sigarette in forte contrazione, e le holding farmaceutiche che stanno investendo montagne di euro per aumentare l’offerta sul mercato di prodotti a base di cannabis e hanno quindi bisogno di un sostegno in termini di politiche sanitarie. Così la marijuana, che per generazioni è stata una bandiera di trasgressione e di ribellione, si sta trasformando nel simbolo di un capitalismo selvaggio, dove il profitto viene prima della salute, e di un politica debole che non riesce a contenerlo.
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