30/09/14

Il quadro specchio dell'anima

E' nella Londra di fine ottocento quella in cui vi porto oggi. Tra le nebbie e le pioggerelline leggere, tra uomini e donne della borghesia, tra banchetti e feste, fra i vizi e gli eccessi. In questo viaggio però non siamo soli, a farci da cicerone un personaggio di prim'ordine, che fece discutere la società dell'epoca in cui visse, ma che lasciò ai posteri opere di grande valore e importanza.
Ecco a voi cari lettori Oscar Wilde con il suo libro, forse più famoso, Il ritratto di Dorian Gray.

“Dalle ombre irreali della notte torna a noi la vita reale che conosciamo. Dobbiamo riprenderla da dove l'avevamo lasciata, e in noi si insinua il senso terribile di un'energia che deve continuare nello stesso monotono circolo di abitudini stereotipate; o magari il desiderio violento che una mattina i nostri occhi possano aprirsi su un mondo che nell'oscurità è stato rimodellato per il nostro piacere, in cui le cose si diano nuove forme e colori, siano diverse o abbiano altri segreti, un mondo in cui il passato abbia poca o nessuna importanza, o comunque sopravviva in forme ignare di obblighi o rimpianti, avendo il ricordo della gioia la sua amarezza, e quello del piacere la sua pena.”
Il ritratto di
Dorian Gray

Dorian Gray è un giovane di bell'aspetto, che come una tela bianca occupa il suo tempo coltivando eleganza e amicizie. Ma sarà l'incontro con due uomini a cambiare il corso della sua vita. Il primo è il pittore Basil Hallward, che folgorato dalla bellezza del ragazzo, decide di fissare per sempre su una tela la bellezza che il tempo condannerà inesorabilmente al declino. Il secondo uomini è invece Lord Henry Wotton uno scettico e un narcisista, amante della vita e del piacere, e che finisce per corrompere l'animo buono di Dorian conducendolo una una strada fatta di eccessi. Con il trascorre degli anni e degli eccessi a cui Dorian sembra concedersi senza riserve, si rende conto che a portare il peso del trascorre del tempo e delle sue colpe non il suo corpo e la sua bellezza, bensì, il suo io raffigurato nel quadro dipinto dal suo amico pittore.

“L'anima mi mandai negli altri spazi i misteri a scoprir del mondo eterno ed ella a me tornò così dicendo: io sono il Paradiso e son l'Inferno.”

Il ritratto di Dorian Gray fu pubblicato per la prima volta nel 1890, ma in volume solo nel 1891, con numerosi capitoli aggiuntivi che, a parere della critica, ne rovinarono la scorrevolezza e l'autenticità. Al di là dei capitoli aggiunti o meno, Il ritratto di Dorian Gray è uno di quei romanzi talmente pregni di significati da non sapere bene da che parte cominciare.

Cominciamo allora con il dire che, sotto taluni aspetti, Il ritratto di Dorian Gray, prende spunto dalla leggenda del Faust. Dorian infatti sembra aver ceduto la propria anima al diavolo in cambio dell'eterna giovinezza, della libertà di poter fare qualunque cosa, anche la più perversa e raccapricciante, senza che la sua straordinaria bellezza venga mai intaccata. Unico specchio della realtà di Dorian è quel quadro, dipinto con amore, che inesorabile grida la verità, tanto che Dorian non può tollerarne la vista.

I personaggi principali della storia, Basil e Henry, rappresentano i due piatti della bilancia, le due forze che costituiscono l'essere umano. Basil rappresenta il bene, la bontà, la morale e la coscienza; Henry invece rappresenta il diavolo tentatore, lui è il peccato, la ricerca del piacere senza prezzo e senza conseguenze. Dorian si trova nel mezzo, spinto e strattonato da queste due forze, se da principio però sembra essere attirato da Basil ecco che il fascino tutto particolare di Henry lo incanta e lo attira, gli fa compiere il primo passo, ma la discesa lungo la via per la perdizione Dorian la compie tutto da solo, così come l'atto finale.

“L'esperienza non aveva alcun valore etico, era semplicemente il nome che gli uomini davano ai loro errori. Di regola, i moralisti l'avevano ritenuta un avvertimento, avevano sostenuto che essa aveva una certa efficacia nella formazione del carattere, l'avevano esaltata come qualcosa che ci insegnava la via da seguire e ci mostrava quella da evitare. Ma nell'esperienza non c'è forza motrice. Come causa attiva aveva lo stesso infimo valore della coscienza. In realtà dimostrava solo che il nostro futuro sarà uguale al nostro passato e che il peccato che abbiamo commesso una volta, con disgusto, lo ripeteremo molte volte con gioia.”
Oscar Wilde

Un romanzo incentrato sulla bellezza, bellezza che però maschera il reale aspetto delle cose e delle persone, così che niente è come appare alla vista. La bellezza fu anche la chiave, il filo conduttore della vita di Wilde, vissuta all'insegna dell'anticonformismo, ignorando ogni morale e ogni buonsenso, vivendo la propria vita semplicemente come desiderava che fosse: un'opera d'arte.
Ne Il ritratto di Dorian Gray c'è quindi molto dello stesso Wilde che, in una lettera all'amico Robert Ross scrisse: Basil Hallward è quello che credo di essere, Henry Wotton è come il mondo mi dipinge e Dorian Gray è quello che mi piacerebbe essere.

Con maestria e abilità, Oscar Wilde ci regala così una storia straordinaria, fatta di luci e ombre, di bellezza e peccato. Attraverso la bocca di Henry, Wilde, oltre a regalarci pungenti aforismi per cui è famoso, ci immerge nella società di allora, dove i più grandi peccatori erano proprio i ferventi moralisti, dove i vizi venivano mascherati dalla confortante maschera del bon ton. Niente è come appare appunto, proprio come la bellezza di Dorian.

“Non esistono libri morali o immorali come la maggioranza crede. I libri sono scritti bene, o scritti male. Questo è tutto.”

(Le immagini presenti in questo post sono state prese da internet, le informazioni generali del libro e le citazioni sono state prese dalla Wikipedia)
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