30/09/14

L'architettura degli androni negli anni venti a Messina

In una città come Messina che anela allo sviluppo economico e sociale in un momento particolare della sua ripresa è necessario che tutte le forze professionale diano il loro contributo. 


Ho iniziato a scrivere queste pagine che descrivono aspetti particolari di architettura, nell'intento di richiamare l'attenzione su alcuni particolari del costruito della mia città che sono unici perché legati alle ricostruzioni del dopo terremoto.

Per queste motivazioni il mio scritto ha un compito prettamente divulgativo perché ritengo che questo sia l'unico vero modo di fare informazione e in particolare anche di formulare pensieri di architettura fuori dalle barriere del pregiudizio e della stessa sicilianità. Mi sono accorto nel mio procedere, che non accettavo i limiti convenzionali della divulgazione, intesa come qualcosa di paternalistico e concessivo e che occorre ora andare oltre osservando attentamente nuove argomentazioni e altri pensieri.

Alfred Adler, che amava discutere la sua teoria nei caffè della Vienna del primo Nove-cento, mise a punto, con un linguaggio semplice e chiaro, i concetti innovativi della psicologia del profondo a impronta socio-culturale, poi destinati a influenzare in modo sottile larghi strati del pensiero del novecento. Nel campo specifico dell'architettura Walter Gropins, fondatore della Bauhaus che spronava gli uomini di cultura e gli architetti ad impostare il loro lavoro dall'angolo visuale più vasto possibile, scriveva: "La buona architettura dovrebbe essere proiezione della vita stessa, e ciò implica una conoscenza intima dei problemi biologici, sociali, tecnici e artistici".

E tuttavia, questo non basta ancora. Per fare un'unità di tutti i diversi rami dell'attività umana, è indispensabile il lavoro di gruppo, ed è qui che nella nostra terra di Sicilia i mezzi educativi in parte vengono meno. A Bruno Zevi storico dell'arte di fama internazionale piaceva ripetere: "Il nostro secolo ha prodotto il tipo dell'esperto in milioni di esemplari: facciamo posto ora agli uomini di ampia visione" eppure era il gennaio del 1958. L'incomprensibilità di molti testi non è dovuta ai loro contenuti, ma al linguaggio intenzionalmente ermetico con cui sono scritti, il che rileva il proposito antico di formare una casta irraggiungibile di iniziati.

Queste argomentazioni mi hanno convinto a mantenere l'impegno ad un'esposizione lineare, comprensibile anche da un lettore di media cultura, senza però limitare l'approfondimento dei temi. Coltivo infatti la segreta speranza che anche gli specialisti possano essere raggiunti dalla suggestione e dalla semplicità. È con questo scritto mi rivolgo in modo insolito alla bellezza di alcuni particolari architettonici della nostra città nascosti all'interno dei fabbricati e più particolarmente negli androni d'ingresso. Sono convinta infatti che per leggere l'architettura e la storia non bisogna fermarsi a studiare e guardare solo l'esterno dell'edificato ma occorre entrare dentro e assaporare e gustare il vissuto di un'epoca con "una visione allargata".

La cultura architettonica dell'ultimo cinquantennio, riguardante analisi storica e il recupero delle "fonti artistico-culturali del nostro secolo, hanno tracciato la fitta rete delle varianti nazionali del "modernismo": il "MocfemSfy/e"inglese (peraltro così definito dagli stranieri), V'Art Nouveau" franco belga, lo "JugendstH"iedesco, la "Kunstfruhling"e la "Sezession" viennese e gli altri movimenti nazionali modernisti, ivi compresi alcuni regionali, come nei casi mirabili di Messina, Reggio Calabria e del Ragusano.

La testimonianza globale di queste tendenze, differenziate pur nel comune spirito programmatico di azione anche sociale di pedagogia estetica, la cultura della ricostruzione abbinò il valore ideologico-didascalico del ruolo fondamentale che le arti decorative venivano assumendo nella realizzazione di un ambiente di vita quotidiana e di vita urbana "moderna", in alleanza con gli architetti, al significato di offrir-si come una vetrina del pluralismo delle tendenze stilistiche all'inizio del secolo: uno scenario che si sarebbe riproposto e capito solo, alla fine del processo, e definito "ec letticd\.

Ritengo infatti che solo dopo questa essenziale premessa si possano gustare architettonicamente parlando gli androni di Messina, dei loro ferri battuti e delle loro vetrate che fortemente danno il benvenuto con una gioia di colori e di forme. Spesso purtroppo di questi gioielli non si conosce il nome dei progettisti e degli artigiani che li hanno creati, anche per mancanza di quella cultura divulgativa a cui facevo riferimento prima e per l'egoismo di una classe sociale agiata ma non propensa a dare.

A Messina un caso particolare è la figura dominante dell'ingegnere. Gaetano Bonanno che sarebbe finito nel dimenticatoio culturale di una città se l'ingegnere Baldo, suo figlio non mi avesse dato la possibilità di conoscere i progetti e i particolari costruttivi da lui elaborati. Baldo Bonanno è stato sindaco di questa città e conoscendone pregi e difetti mi ha dato sommessamente e con la sua semplicità che lo distinguevano le testimonianze grafiche che qui mi piace divulgare riguardanti la Villa Vaccarino di Milazzo e alcuni disegni di quel progetto.


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