18/11/14

Lascia che la natura ti guidi e con la tua arte Seguila da vicino | L'Alchimia

........... Ermete Trismegisto e delle dieci profetesse Sibille.[Qui]

MUSICA E NATURA
"Lascia che la natura ti guidi, e con la tua arte Seguila da vicino.
Senza di lei cadrai in errore.
Lascia che la ragione sia la tua staffa;
l'esperienza dia Potere al1a tua capacità di vedere, che tu possa vedere lontano.
Lascia che la tua lettura sia la tua lampada, che scaccia le tenebre,
Che tu possa guardarti dalla moltitudine di cose e parole".

(Epigramma 42 in Michael Maier, Atlanta Fugiens)

Passiamo ora ad esaminare in modo più dettagliato le concezioni alchimistiche così come appaiono nella musica barocca. Alcune possono essere raccolte direttamente dalla tradizione alchimistica, mentre è corretto dire che altre potrebbero essere la derivazione di una sintesi di astrologia, alchimia, Kabbalah e neoplatonismo. In ogni caso ci sono molti paralleli e sovrapposizioni fra queste t.radizioni, che attingevano continuamente l'una dall'altra. Ci troviamo su una di quelle soglie mai chiaramente marcate, il punto in cui l'esoterico diventa essoterico, nel tentativo di ricostruire quella connessione e ridare così energia alla nostra comprensione e al nostro apprezzamento di quella musica. Prima di tutto, l'alchimia e la musica barocca enfatizzano il ruolo della Natura come principio-guida, come maestra di cui bisognava comprendere le vie, che andava imitata e trasformata per mezzo dell'arte.

La parola «naturale» ricorre frequentemente negli scritti della Camerata Fiorentina. I suoi membri capivano che l'artificio in musica aveva preso il posto dell'approccio naturale. Essi miravano a creare una musica che suonasse naturale e spontanea, tuttavia di grande raffinatezza e sottigliezza, dotata della capacità di impressionare l'ascoltatore e di evocare le «armonie celesti» in una cornice terrestre. La voce dell'uomo era la pietra di paragone per ciò che era naturale ed istintivo, la Materia Prima dell'alchimia musicale. In termini pratici ciò si traduceva nel porre un' enfasi sulla voce solista, per tramite della quale comunicare in modo adeguato parole ed espressioni ed evitando gli estremi dei toni alti e della dinamica - il cantante, disse Caccini, dovrebbe «impostare la sua voce su toni così alti quanto sono quelli a cui può giungere la sua voce naturalmente » - e l'aggiunta di abbellimenti solo quando necessario per ingentilire la musica, piuttosto che mostrarsi un'esibizione del virtuosismo dell' esecutore.

Una citazione dal famoso manoscritto alchimistico miniato Splendor Solis riecheggia questo approccio: . "L'arte segue un altro modo di procedere nell'opera, con intenti diversi da quelli della Natura, perciò l'Arte usa anche strumenti e mezzi differenti. Per quel motivo l'Arte è in grado di produrre cose straordinarie dai suddetti principi naturali, tali quali la Natura stessa non sarebbe in grado di produrre». Monteverdi ritenne inoltre importante andare alla ricerca dell' elemento naturale e trasformarlo in musica di grande potenza e raffinatezza.

Come gli alchimisti, egli credette fermamente che la ricerca e io studio degli antichi maestri potesse servire ad ottenere degli indizi, ma che il passo successivo dovesse consistere nell'elaborazione autonoma di una propria soluzione. In una lettera scritta nel 1633, Monteverdi dice di aver cercato «un modo di imitazione naturale», ma che quando stava componendo il suo Lamento di Arianna (uno dei pezzi più famosi e intensi) «nessun libro fu in grado di mostrare ... neppure uno che riuscisse a spiegare come dovessi fare ad imitare ... Scoprii (lasciate che ve lo dica) quanto duramente dovessi lavorare per poter ottenere quel poco che avevo fatto sulla strada dell'imitazione». Comunque, in una lettera successiva scritta nel febbraio 1634, riconosce che aveva trovato un certo aiuto dalla conoscenza dei «principi dei migliori filosofi che hanno studiato la natura»."

La ricerca dell'antica saggezza, il sapere perduto e dimenticato, la materia disprezzata, il lavoro intensivo condotto sulla base delle proprie osservazioni, fino a raggiungere spesso il punto di rottura: questi furono i modi in cui l'alchimista e il compositore barocco si impegnarono intensamente per liberare le potenti forze della natura e dare avvio al processo di creazione. Nella sua descrizione della Camerata Fiorentina, Pietro de' Bardi ricorda come suo padre si dedicò alla ricerca in collaborazione con Vincenzo Galilei, uno dei fondatori della Camerata e padre del famoso astronomo Calileo Galilei: «Quest'uomo di grande ingegno [Calilei] riconobbe che, oltre alla restaurazione della musica antica, ... uno degli scopi principali dell'accademia era quello di sperimentare della musica moderna ... Perciò egli fu il primo a farei ascoltare lo stile rappresentativo [in italiano nel testo], impresa ardua e allora considerata anche piuttosto ridicola, nella quale egli venne incoraggiato e assistito in modo particolare da mio padre, che lavorò duramente per notti intere e con non poche spese per amore di questa nobile scoperta»."

 I compositori che «inventarono» la musica barocca - la Camerata Fiorentina, Monteverdi e i suoi contemporanei - non trascrivevano semplicemente una canzone così come si rivelava alle loro sensazioni. Come gli alchimisti, lavoravano con rigore e consapevolezza, utilizzando una combinazione dell'antica saggezza, ripetuti sforzi personali, osservazioni e visioni individuali per raggiungere la trasformazione.

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