18/04/14

Le pratiche spirituali fanno bene o fanno male?

È vero che è stato dimostrato che le pratiche spirituali reprimono la libertà individuale e quindi finiscono per togliere la gioia della vita e accorciarla? 

Molte voci che circolano sulla spiritualità si basano su luoghi comuni che non hanno nessun fondamento. Naturalmente è vero che ci possono essere modi patologici di vivere la spiritualità, a causa di dimensioni psicologiche squilibrate. Del resto questo si verifica per qualsiasi altro campo, da quello culturale a quello politico, dove i fanatismi e gli estremismi intolleranti ne sono esempio concreto. Per dare una risposta a questa domanda ci si deve affidare a studi e ricerche scientifiche. Nel 1997 è stato pubblicato un ottimo studio di William J. Strawbridge e collaboratori su 6.928 persone della Alameda County, Califomia, durato 28 anni, e focalizzato sugli indici di mortalità in relazione alla frequentazione di servizi religiosi. I risultati indicano che le persone che frequentavano regolarmente i servizi religiosi (almeno una volta a settimana) avevano un indice di mortalità del 36 per cento inferiore a coloro che li frequentavano meno.

Perfino dopo che i dati sono stati aggiustati statisticamente per tenere conto di fattori come l'età, il sesso, l'istruzione, lo stato di salute, il supporto sociale ecc., il fattore «frequentazione di servizi religiosi» risultò confermato. La religiosità negli Stati Uniti viene vissuta mediamente in modo meno formale e più interattivo, perché la cultura protestante favorisce un'atmosfera improntata alla condivisione. Ma anche in Italia, in ambiente cattolico, la tendenza alla condivisione si sta allargando. Ma che cosa significa in pratica tutto questo? Vuoi dire che vivere in contatto con altre persone la dimensione religiosa autentica, con interazioni e condivisioni, allunga la nostra vita in modo significativo?. Numerosi altri studi sull'isolamento indicano che quanto più siamo soli, tanto meno lunga è la vita e di qualità peggiore. Sembra quindi che il bisogno estremo di aggregazione che i giovani oggi segnalano, vada in questa direzione. Anche se l'esperienza religiosa attiva riguarda solo una piccola parte di essi. Purtroppo il bisogno di "fare gruppo" che è insito in ognuno di noi, ci spinge ad aderire a gruppi insani che ci promettono benessere, per poi asservirci ad un capo karismatico che approfitta di noi, psicologicamente, finanziariamente e purtroppo anche a volte fisicamente. Facciamo attenzione sono tanti i manipolatori di menti, specialmente se bisognose di affetto.

COME ORIENTARSI FRA LE VARIE PROPOSTE DI GRUPPO
  1. Prima di aggregarsi a un gruppo, religioso, di supporto o di altra natura, è fondamentale documentarsi sulle idee di base che hanno contribuito a formarlo.
  2. Chiedere quali sono gli attuali obiettivi che il gruppo intende raggiungere e con quali mezzi.
  3. Verificare che questi obiettivi e metodi rispondano a un proprio orientamento di fondo .
  4. Verificare che l'atmosfera in cui il gruppo vive sia improntata su sentimenti positivi e costruttivi e non si basi invece su una contrapposizione polemica ad altri gruppi o idee.
  5. Accertarsi che i membri del gruppo siano capaci di autentica solidarietà e vivano quello che predicano, almeno in buona parte.
  6. Cercare di capire se il gruppo ha un buon grado di capacità autocritica.
  7. Osservare i leader, designati o spontanei, del gruppo, per identificare eventuali esagerate attenzioni concentrate su di loro.
  8. Non affidarsi mai totalmente alla coscienza altrui, ma mantenere sempre attiva la capacità critica, senza per questo arrivare alla diffidenza cronica
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